“La carenza di profili tecnico-scientifici è più elevata tra le donne”

Giorgio Pogliotti

Sono richieste competenze digitali per sei assunzioni su dieci. Con la rivoluzione 4.0 che sta interessando ormai tutto il mondo produttivo, le più difficili da trovare sono proprio le figure tecniche legate ai servizi digitali: le rilevazioni Excelsior, di Unioncamere e Anpal, evidenziano che le difficoltà di reperimento si concentrano soprattutto sui laureati nelle discipline Stem (science, technology, engineering and mathematics), riguardando il 46% dei candidati in questi indirizzi, contro il 30% delle altre lauree. 

L’Italia sconta un deficit di competenze. Abbiamo pochi laureati e un numero insufficiente di laureati in discipline Stem. Dai dati Istat emerge che abbiamo una quota di popolazione con titolo di studio terziario molto bassa (il 19,6% contro il 33,2% dell’Ue). Nonostante la strategia Europa2020 avesse tra i target l’innalzamento della quota di 30-34enni in possesso di un titolo di studio terziario, questa quota di giovani laureati in Italia non è cresciuta (nel 2019 era del 27,6% pari a -0,2 punti rispetto al 2018) mentre l’Unione europea, la Francia, la Spagna e il Regno Unito, pur avendo già superato l’obiettivo strategico del 40%, hanno fatto registrare ulteriori aumenti. Abbiamo, inoltre, solo il 24,6% dei laureati (25-34enni) in possesso di una laurea nelle discipline Stem, con un forte divario di genere: il 37,3% degli uomini contro il 16,2% delle donne. Peraltro la quota di laureati in discipline Stem è piuttosto uniforme sul territorio, dal 23,5% del Mezzogiorno al 25,3% del Nord. Siamo superati dai nostri principali competitor – la Germania (32,2%), la Francia (26,8%) e la Spagna (27,5%)-, e sotto la media dei 22 paesi dell’Ue membri dell’Ocse (25,4%). 

Tutto ciò risente di un orientamento scolastico inesistente, di una diffusa visione stereotipata della formazione, della scarsa considerazione per l’istruzione tecnico professionale che ha avuto un calo di iscritti. La bassa quota di giovani con un titolo terziario risente anche della limitata disponibilità di corsi terziari profesionalizzanti di ciclo breve, erogati dagli ITS partecipati dalle imprese (con tassi d’occupazione oltre l’80%). 

Non a caso il premier Draghi ha confermato nel Recovery Fund gli 1,5 miliardi di euro per gli Its, «20 volte il finanziamento di un anno pre-pandemia», ed insistito sulla necessità di rivedere i percorsi educativi, coniugando «le competenze scientifiche con quelle delle aree umanistiche e del multilinguismo». Le risorse del Pnrr rappresentano un’occasione per colmare il divario di competenze in discipline Stem e allinearci sui livelli dei nostri competitor. Ma serve anche un grande sforzo “culturale”.

Fonti: Il Sole 24 Ore