Se è vero che quasi tutti i settori e le categorie sono state colpite dal Covid, è pur vero che alcuni, più di altri, hanno pagato un prezzo più altoL’onda d’urto provocata dall’emergenza Covid-19 si infrange in modo violento sulle libere professioni. Come sempre, lo dicono i numeri. Impietosi.

Nei primi sei mesi del 2020, oltre 30 mila liberi professionisti (in maggioranza donne) hanno dovuto abbandonare la propria attività a causa della crisi innescata dalla pandemia, cui si aggiungono circa 170 mila lavoratori indipendenti su una platea dioltre 1,5 milioni di lavoratori autonomi bloccati dal primo lockdown (dati al 3 maggio 2020).

Questa la triste fotografia del settore professionale che emerge dal “V Rapporto sulle libere professioni in Italia 2020″, curato dall’Osservatorio libere professioni di Confprofessioni, coordinato da Paolo Feltrin, presentato ieri a  Milano in diretta streaming.

I settori professionali più colpiti,  quelli legati al commercio, finanza e immobiliare con un calo di quasi il 14% nel primo trimestre del 2020 e si registrano significative contrazioni anche tra le professioni dell’area tecnica (-5,7%) e amministrativa (-2,5%). 

Pesante anche il bilancio per i professionisti, datori di lavoro che nel primo trimestre del 2020 registrano una flessione del 16,7% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. La contrazione insiste prevalentemente nel Nord Italia (-23,9%), dove scende anche il numero di liberi professionisti senza dipendenti, e nel Centro Itali (-28,3%). In netta controtendenza il Sud Italia, dove la variazione risulta invece positiva per entrambe le componenti e a crescere è soprattutto il numero di datori di lavoro (+15,9%). 

Lo stato di emergenza economica dei professionisti è confermato anche dal massiccio ricorso alle misure di sostegno messe in campo nei vari DPCM varati durante la pandemia. Nel mese di aprile le Casse di previdenza professionali hanno accolto oltre 400 mila domande per l’indennità dei 600 euro, introdotta dal decreto ‘Cura Italia’; mentre a maggio sono quasi 5 milioni le domande dei lavoratori autonomi iscritti alla gestione separata pervenute all’Inps, con una percentuale di accoglimento che supera l’80%. 

CHI HA SOFFERTO DI PIU’? – Le categorie che hanno fatto maggior ricorso alle indennità sono psicologi e geometri, con una percentuale di domande presentate superiore al 60%. Seguono gli avvocati, gli ingegneri, gli architetti, e i veterinari con percentuali intorno al 50%. Tutte le altre categorie si attestano sotto il 40%, mentre in coda, sotto il 12% troviamo quasi tutte le professioni sanitarie e i notai. 

L’impatto del Covid 19 sul lavoro indipendente – commenta il presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella – è stato pesantissimo. Nei primi sei mesi del 2020 l’intero comparto perde circa 170 mila lavoratori, di cui 30 mila sono liberi professionisti. Tale flessione va valutata tenendo d’occhio anche le dinamiche di lungo periodo. Per ragioni strutturali, nell’ultimo decennio il lavoro indipendente era già sotto pressione (-735 mila lavoratori circa), colpito da una silenziosa rivoluzione interna nei flussi di entrata e di uscita”. 

C’è poi un dato ancor più preoccupante. “Nelle fasce di età più giovani mancano all’appello quasi 1 milione di persone: un crollo solo in parte compensato dalle fasce di età più̀ anziane e dai nuovi ingressi dei laureati (+372 mila), che di norma si vanno a collocare tra i liberi professionisti”.

Fonti: Qui Finanza